Il sonno di Odisseo. L’ultimo viaggio
Description
Il sonno di Odisseo.
E la nave radeva ora una punta
d'Itaca scabra. E tra due poggi un campo
era, ben culto; il campo di Laerte;
del vecchio re; col fertile pometo;
coi peri e meli che Laerte aveva
donati al figlio tuttavia fanciullo;
ché lo seguiva per la vigna, e questo
chiedeva degli snelli alberi e quello:
tredici peri e dieci meli in fila
stavano, bianchi della lor fiorita:
all'ombra d'uno, all'ombra del più bianco,
era un vecchio, poggiato su la marra:
il vecchio, volto all'infinito mare
dove mugghiava il subito tumulto,
limando ai faticati occhi la luce,
riguardò dietro la fuggente nave:
era suo padre: ma non già lo vide
notando il cuore d'Odisseo nel sonno. […]
L’ULTIMO VIAGGIO
II
[…] L'ultima, piena tremolò sul mare
riscintillante, e su la bianca sabbia,
piccola e nera gli mostrò la nave,
e i suoi compagni, ch'attendean guardando
a monte, muti. Ed ei salpò. Sbalzare
vide ancora le rote auree del Carro
sopra le ghiaie dell'azzurra strada:
rivide il fumo salir su, rivide
Itaca scabra, e la sua grande casa.
Dove il timone al focolar sospese. […]
IV
[…] Sessanta giorni dopo volto il sole,
quando ritorni il conduttor del Carro,
allor dolce è la brezza, il mare è calmo;
brilla Boote a sera, e sul mattino
tornata già la rondine cinguetta,
che il mare è calmo e che dolce è la brezza.
La brezza chiama a sé la vela, il mare
chiama a sé il remo; e resta qua canoro
il cuculo a parlare al vignaiolo.
XXIV
E il mare azzurro che l’amò, più oltre
spinse Odisseo, per nove giorni e notti,
e lo sospinse all’isola lontana,
alla spelonca, cui fi oriva all’orlo
carica d’uve la pampinea vite. […]
Il crollo delle certezze
Il poeta immagina che Ulisse, già vecchio, insofferente della riacquistata serenità a Itaca, riprenda la navigazione, ripercorrendo le tappe delle sue straordinarie avventure. Ma il viaggio segna la fine delle sue illusioni, poiché la molla del suo andare per mare, la sete di sapere, si trasforma nella consapevolezza che nessuna conoscenza certa è possibile. Così Pascoli proietta sul mondo antico la sensibilità inquieta della modernità e trasforma l’Ulisse omerico nell’eroe della sconfitta, dello scacco dell’uomo di fronte al mistero e alla morte.
Il mito di Calypso
Il corpo di Ulisse, sospinto dal mare, approda dopo nove giorni all’isola di Calypso, ma questa volta egli non è più l’uomo fiero della propria umanità, quello che rinunciò all’immortalità promessa dalla ninfa; ora è invecchiato e indebolito e, non appena tocca terra, si abbandona alla morte. Calypso, la ninfa immortale, ha un presentimento infausto appena sente i versi della cornacchia e del gufo. Nei versi conclusivi la dea avvolge il corpo dell’uomo nella massa morbida dei suoi capelli e al pianto funebre unisce amare riflessioni sulla vita e sulla morte: la morte implica un ritorno al nulla molto più duro da sopportare del non essere mai nati, perché si abbandona la vita e con essa gli affetti.
Il crollo della dimensione eroica
Le avventure dell’Ulisse omerico erano frutto delle illusioni giovanili: al loro svanire, la realtà appare in tutta la sua amarezza. Il poeta vuole dirci che il mondo non ha più bisogno di eroi e l’ultimo viaggio di Ulisse rappresenta l’addio alla dimensione mitica.
I moduli classici
Preziosismi letterari (aliano, frondeggia), scelte lessicali riferite al mondo dei miti (dio, dea) e stilemi, per esempio con gli aggettivi preposti al sostantivo (garrule cornacchie, solitaria / Nasconditrice), ricalcano il testo omerico. Anche la struttura sintattica del testo, prevalentemente coordinata mediante il polisindeto (E... E...), riproduce il ritmo della poesia epica classica. Gli elementi floreali (pampinea vite, odoriferi cipressi, olezzante cedro), riflettono le inquietudini decadenti.
Titre
Il sonno di Odisseo. L’ultimo viaggio
Créateur
Date
1904
Langue
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Source
Liberliber (consulté le 1 mars 2022)
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