A Zacinto
Description
Né più mai toccherò le sacre sponde
ove il mio corpo fanciulletto giacque,
Zacinto mia, che te specchi nell'onde
del greco mar da cui vergine nacque
Venere, e fea quelle isole feconde
col suo primo sorriso, onde non tacque
le tue limpide nubi e le tue fronde
l'inclito verso di colui che l'acque
cantò fatali, ed il diverso esiglio
per cui bello di fama e di sventura
baciò la sua petrosa Itaca Ulisse.
Tu non altro che il canto avrai del figlio,
o materna mia terra; a noi prescrisse
il fato illacrimata sepoltura.
Composto nel 1802-1803, questo è uno tra i più famosi sonetti del Foscolo. La nostalgia per la patria perduta (in contrapposizione alla sorte più propizia dell’eroe omerico) vi si riallaccia, attraverso reminiscenze classiche - da Properzio ('errore exacto ... Ulixes ... tetigit litora') a Virgilio ('diversa exilia') e Ovidio ('sine honore sepulcri /indeploratum') - e con inquietudine esistenziale, a un’idealizzazione del paesaggio greco, che ha dato vita a una Venere purissima (vergine), e di un altro esilio, quello di Ulisse, nobile e avventuroso. Come poi nella chiusa dei Sepolcri, qui la poesia (il canto) è considerata l’unica creazione umana in grado di superare l’oblio della storia e di riscattare la bellezza fuori dal tempo.
Titre
A Zacinto
Créateur
Date
1802-1803
Langue
Place
Source
Wikisource (consulté le 1 mars 2022)
Droits
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