Leggende napoletane. Il mare
Description
"La leggenda del mare di Napoli, in esso ancora era vincolante la rappresentazione stereotipata di paesaggi e figure per una città meridionale, nell'immaginario collettivo reputata eccezionalmente atipica. Infatti, secondando una tradizione, presente anche al Verga di Fantasticheria, fin dalle prime parole del testo, esplicitamente si rivolgeva ad un fittizio e lontano lettore settentrionale, presumibilmente un nostalgico viaggiatore, a cui andavan bene gli stilemi della "visione azzurra", gli obbliganti luoghi comuni paesaggistici de : il "cielo ridente ed aperto", il "vulcano fiammeggiante e appassionato", e infine quelli antropologici de : gli "uomini indolenti, artisti ed innamorati", le donne "brune" e passionali, i "fanciulli ricciuti, dai grandi occhi neri ed intelligenti".
Nonostante tutto, però, Matilde mostrava di non rinunciare alla sua capacità di osservazione e sperimentava, sia pur in maniera molto vaga, un suo primo tentativo di geografia antropica ante litteram, nell'assumere il gran tema del mare come metafora della mutevolezza degli aspetti della città, sì da trovare analogie tra lo specchio d'acqua antistante i vari quartieri napoletani che si susseguivano l'uno all'altro, da est ad ovest, e la vita svolta dagli abitanti, lungo quella medesima linea costiera. Così, dall'unico grande mare di Napoli, ella passava a descrivere i vari suoi mari, da quello cupo del Mercato, o da quello uniforme e oleoso del Porto fino al mare turistico-balneare di Santa Lucia o Mergellina, attraversando i gorghi del più aperto mare del Chiatamone, suggestivo per i tanti racconti di morte violenta, evocati o dal Castello-prigione o dagli annegamenti di incauti e suicidi i cui cadaveri sfracellati si ritrovavano a riva. La leggenda dedicata al motivo romantico dei misteri del mare - ancora attuale nel nostro Novecento, sia pur attraverso la destabilizzante maniera di Anna Maria Ortese - veniva così riscritta, alternando l'attenzione al reale (il lavoro dei facchini, nella zona dei traffici commerciali, in un'atmosfera oppressa dal grave odore del bitume), all'evasione del sogno (la benevolenza della natura rivelata dalla bellezza di zone mitiche come Posillipo) e mostrava la compresenza nella Serao di opposte potenzialità narrative, una ambiguità stilistica che, come noto, ne caratterizzerà l'opera, consentendo tanto l'innovazione, quanto la ripetizione di tecniche abusate, sia all'interno di un medesimo testo, sia all'interno di testi diversi, ma tra loro contemporanei.
Comunque sia, la leggenda è di per sé una "forma semplice" nella quale il fiabesco deve contaminare una realtà nota al lettore, una realtà che, in questo caso, Matilde riesce a suggerire, procedendo secondo un itinerario preciso, da un lato rispettoso della effettiva topografia della città, dall'altro fedele alla stratigrafia sociale dei vari rioni che in rapida successione propongono al visitatore diversificati stili di vita: in quelli popolari, abitudini strane e curiose, superstiti del passato, in quelli aristocratici, civili ed eleganti costumanze, degne delle moderne capitali europee. Sono dunque gli spazi stessi della città ad orientare la fantasia dell'autrice, per farle evocare esperienze ben circoscritte e consentirle associazioni tra la sfera del vissuto e la forma spaziale del percorso che permette di farne esperienza."
Nonostante tutto, però, Matilde mostrava di non rinunciare alla sua capacità di osservazione e sperimentava, sia pur in maniera molto vaga, un suo primo tentativo di geografia antropica ante litteram, nell'assumere il gran tema del mare come metafora della mutevolezza degli aspetti della città, sì da trovare analogie tra lo specchio d'acqua antistante i vari quartieri napoletani che si susseguivano l'uno all'altro, da est ad ovest, e la vita svolta dagli abitanti, lungo quella medesima linea costiera. Così, dall'unico grande mare di Napoli, ella passava a descrivere i vari suoi mari, da quello cupo del Mercato, o da quello uniforme e oleoso del Porto fino al mare turistico-balneare di Santa Lucia o Mergellina, attraversando i gorghi del più aperto mare del Chiatamone, suggestivo per i tanti racconti di morte violenta, evocati o dal Castello-prigione o dagli annegamenti di incauti e suicidi i cui cadaveri sfracellati si ritrovavano a riva. La leggenda dedicata al motivo romantico dei misteri del mare - ancora attuale nel nostro Novecento, sia pur attraverso la destabilizzante maniera di Anna Maria Ortese - veniva così riscritta, alternando l'attenzione al reale (il lavoro dei facchini, nella zona dei traffici commerciali, in un'atmosfera oppressa dal grave odore del bitume), all'evasione del sogno (la benevolenza della natura rivelata dalla bellezza di zone mitiche come Posillipo) e mostrava la compresenza nella Serao di opposte potenzialità narrative, una ambiguità stilistica che, come noto, ne caratterizzerà l'opera, consentendo tanto l'innovazione, quanto la ripetizione di tecniche abusate, sia all'interno di un medesimo testo, sia all'interno di testi diversi, ma tra loro contemporanei.
Comunque sia, la leggenda è di per sé una "forma semplice" nella quale il fiabesco deve contaminare una realtà nota al lettore, una realtà che, in questo caso, Matilde riesce a suggerire, procedendo secondo un itinerario preciso, da un lato rispettoso della effettiva topografia della città, dall'altro fedele alla stratigrafia sociale dei vari rioni che in rapida successione propongono al visitatore diversificati stili di vita: in quelli popolari, abitudini strane e curiose, superstiti del passato, in quelli aristocratici, civili ed eleganti costumanze, degne delle moderne capitali europee. Sono dunque gli spazi stessi della città ad orientare la fantasia dell'autrice, per farle evocare esperienze ben circoscritte e consentirle associazioni tra la sfera del vissuto e la forma spaziale del percorso che permette di farne esperienza."
Caterina De Caprio, introduzione del Paese di Cuccagna, Napoli, Edizioni Partagees, 2004, pp. 19-20.
"Matilde Serao, donna passionale, schietta, che impostò i suoi romanzi, numerosi e subito popolari, proprio in chiave di schiettezza, di foga di sentimenti, di passionalità mediterranea."
Roberto Murolo, presentazione, In Matilde Serao, Il paese di cuccagna, Milano, Longanesi, 1977.
Contenus liés
Serao, Matilde (1856-1927) |
Napoli (Italia) |
Mer Tyrrhénienne |
Ortese, Anna Maria (1914-1998) |
Italie |
19e siècle |
20e siècle |
LITTÉRATURE MÉDITERRANÉENNE |
Leggende napoletane Serao, Matilde (1856-1927) |
Titre
Leggende napoletane. Il mare
Titre Alternatif
Naples : les légendes et la réalité. La mer
Créateur
Date
1881
Langue
Source
LiberLiber (consulté le 26/03/2020)
Lire l'intégralité de l'ouvrage sur Gallica (consulté le 26/03/2020)
Droits
Libre de droits