Description

Saggio comparso per la prima volta nella rivista “Paragone” nel 1951. In questa sede, Rea presenta quelle che per lui sono le due facce della città e stavolta non si tratta della solita “Napoli bene” in contrapposizione con la Napoli del “basso” e della miseria.

Le “due Napoli” di Rea sono la città reale e quella letteraria, ormai inscindibili all’occhio dei forestieri quanto all’occhio degli stessi napoletani. La città letteraria, teatrale, tragicomica e, sotto sotto, fittizia, è diventata per chiunque guardi Napoli e i suoi abitanti immagine perfettamente sovrapponibile a quella della città reale, l’immagine di una Napoli che “sottomette la miseria al colore”.
“Quando qualcuno ha tentato la via della verità, per primi i napoletani si sono ribellati; e non vi si sono riconosciuti; mentre credono di ritrovarsi nelle canzonette e in altre opere scritte, che hanno una prosa tanto vivace quanto superficiale.”
Lo scrittore distingue due Napoli: quella “cantata, narrata, rappresentata e voluta dai suoi medesimi abitanti” (ibid.) e quella vera. La Napoli vera è violenta, poco oleografica, dedita a ozi e vizi, sporca.
Scrittori che hanno avuto fama e successo non si sono sporcati con la vera Napoli, ma hanno rappresentato la Napoli da cartolina e dei soliti cliché. Rea cita alcuni di questi: Salvatore Di Giacomo (1860-1934), Matilde Serao (1856-1927), Eduardo De Filippo (1900-1984). Uno scrittore meno raffinato quale era Francesco Mastriani (1819-1891), invece, è riuscito a cogliere l’aspetto vero di Napoli. Rea crede in una Napoli più oscura e anche più cinica:
“Solo il Mayer [Claude Albert Mayer] e pochi altri hanno capito che questo popolo di pagliacci sfrutta a freddo la pagliacceria, non avendo altro da vendere.” (Rea, cit., p. 1349.)
il napoletano venga da quello che, riprendendo un titolo della Serao, è il “ventre di Napoli” (1884), egli stesso non riesce a raccontare la città vista dal “fondo del pozzo” e continua a guardarla dall’alto con la pretesa di restituirne la più fulgida delle immagini grazie al suo esserne cittadino.
Forse, quindi, il forestiero riesce a gettare sulla città un occhio più lucido, non appesantito dall’immagine di se stesso che il napoletano si fa cucire addosso. Nonostante ciò, il forestiero porta certamente con sé un pregiudizio (non necessariamente negativo, semplicemente un’idea di fondo su Napoli e sul “carattere dei napoletani”) che rende complessa la veridicità anche del suo racconto.
Di certo il racconto che Goethe (1749-1832) fa di Napoli, è la cronaca di un soggiorno pieno di fascino. Uno dei più lucidi racconti di stranieri sulla città, dunque, è sicuramente la Napoli Porosa di Walter Benjamin (1924). Attraverso un percorso simile di analisi di opere straniere e autoctone, Domenico Rea, in poco più di cinquanta pagine, cerca tra i racconti di vari autori che hanno scritto di Napoli un racconto che sia il più vicino possibile alla realtà della città.

Per Rea, in ultima analisi, una delle immagini migliori della città la restituisce Boccaccio (1313-1375) nella quinta novella della seconda giornata del Decameron (1350-1353): la vicenda di Andreuccio da Perugia narrata da Fiammetta. Nella sua ricerca della migliore immagine possibile di Napoli, inoltre, Rea non si esime dal farsi critico delle opere che non reputa all’altezza del compito.

Titre

Le due Napoli

Titre Alternatif

Saggio sul carattere dei napoletani, in Opere

Éditeur

Milano, Mondadori

Date

2006

Langue

Format

1333 pagine

Droits

Non libre de droits