Ferito a morte
Description
[Présentation éditeur]
Il romanzo consta di dieci capitoli. Nei primi sette si narrano le vicende, ambientate in una bella giornata estiva del 1954, di alcuni giovanotti indolenti della buona borghesia napoletana. È la vigilia della partenza per Roma di uno di essi, Massimo, e i giovani napoletani trascorrono il tempo fra chiacchiere, pettegolezzi, scherzi e giochi in luoghi spesso riservati (il Circolo nautico, il Bar Middleton, ecc.). Le vicende degli ultimi tre capitoli si svolgono sei anni dopo, nel 1960: Massimo è ritornato a casa per una breve vacanza e incontra all'isola di Capri e a Positano gli amici di un tempo, alcuni dei quali vivono ormai di espedienti. In una lettera del 20 aprile 1956, Raffaele La Capria comunicò all'editore Valentino Bompiani di aver iniziato da quasi tre anni un romanzo a cui aveva attribuito il titolo provvisorio "Leoni di giugno", laddove il termine "leoni" aveva il significato approssimativo di "vitelloni"[1].
La vicenda narrata in "Ferito a morte" si svolge nell'arco di circa undici anni, dall'estate del 1943, quando, durante un bombardamento, il protagonista Massimo De Luca incontra Carla Boursier, fino al giorno della sua partenza per Roma, all'inizio dell'estate del 1954. Tra questi due momenti il racconto procede per frammenti e flash, ognuno presente e ricordato, ognuno riferito a un anno diverso, anche se tutti sembrano racchiusi, come per incanto, nello spazio di un solo mattino: la pesca subacquea, la noia al Circolo Nautico, il pranzo a casa De Luca… Negli ultimi tre capitoli vi è poi come una sintesi di tutti i successivi viaggi di Massimo a Napoli, disincantati ritorni nella città che «ti ferisce a morte o t'addormenta, o tutt'e due le cose insieme»; nella città che si identifica con l'irraggiungibile Carla, con il mare, con i miti della giovinezza. Se, come ha scritto E.M. Forster, «il banco finale di prova di un romanzo sarà l'affetto che per esso provano i lettori», quella prova "Ferito a morte" l'ha brillantemente superata: libro definito dal suo stesso autore «non facile», cult per molti critici e scrittori, è stato ed è anche un libro popolare, amato e letto, con grande adesione sentimentale, da lettori che poco sapevano di questioni letterarie, ma vi ritrovavano la loro stessa nostalgia per un paradiso perduto e per una «giornata perfetta». Un libro, insomma, di iniziazione, di rivelazione e di scoperta dal valore universale.
Prima ancora che il romanzo fosse completato, frammenti di esso apparvero ai primi del 1960 su alcune riviste letterarie.
Due capitoli furono pubblicati sulla rivista Tempo presente, diretta da Nicola Chiaromonte: «Le stagioni di Sasà» (l'attuale capitolo IX)[Tempo presente, Vol. V, n. 1, gennaio 1960] e «Noia al Circolo Nautico» (l'attuale capitolo VI)[Tempo presente, Vol. V, n. 9-10, settembre-ottobre 1960].
Un frammento intitolato «A mezzogiorno da Middleton» fu invece pubblicato sul primo numero della rivista Quaderni milanesi, a cui erano stati mandati da La Capria su invito di Oreste Del Buono [Quaderni milanesi, Vol. I, n. 1, autunno 1960].
I brani pubblicati suscitarono interesse per il ricorso alle tecniche dell'avanguardia letteraria (flusso di coscienza, monologo interiore, polifonia, tempo della memoria, tempo lineare, ecc.[ Giorgio Bàrberi Squarotti, Prefazione a Ferito a morte, op. cit., p. I]). Nel gennaio 1961 Raffaele La Capria si rivolse nuovamente per lettera a Bompiani annunciandogli di aver terminato la stesura della prima parte del romanzo (gli attuali capitoli I-VII), e che sperava di completare in pochi mesi il romanzo, il quale avrebbe dovuto intitolarsi Lo spazio di un mattino. Il titolo era giustificato sia dal fatto che la prima parte si svolgeva per l'appunto nello spazio temporale di un mattino, sia perché argomento del romanzo era la fugace giovinezza[ Gabriella D'Ina e Giuseppe Zaccaria (a cura di), Caro Bompiani, op. cit, p. 401]; più tardi La Capria cambierà nuovamente il titolo in quello definitivo, suggeritogli dal suo amico Giuseppe Patroni Griffi. Bompiani rispose a La Capria che era rimasto entusiasta di quanto era stato scritto fino ad allora, e invitò l'autore a consegnare il testo entro i primi di aprile, poiché il 30 aprile era il termine ultimo per partecipare al premio Strega del 1961. (Source Wikipédia, consulté le 4 octobre 2024)
Claudio Magris : «Testimonianza vibrante di quegli irripetibili anni Cinquanta napoletani e italiani - teneri e sfacciati, avviticchiati e svaniti come i giri di un cavatappi - e fedelissima alle loro sfumature più dolorosamente superficiali ed effimere, Ferito a morte è anche un classico. È un libro straordinario, che fonde perfettamente natura e storia, coerenza strutturale della costruzione narrativa e impalpabile poesia del fluire della vita, percezione sensibile e critica politica, l'istante atemporale dell'epifania esistenziale e la storicità (entrambi incarnati in una Napoli mitica e reale), pessimismo e felicità, compresenti nel cuore come nella seduzione del mare, fisicità immediata e riflessione.»
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20e siècle |
La Capria, Raffaele (1922-2022) |
Ferito a morte de La Capria: un “galateo” napolitain des mauvaises manières Obert, Judith (Université Aix-Marseille (FR)) |
Titre
Ferito a morte
Créateur
Éditeur
Mondadori, coll. Oscar Moderni
Date
2016
Langue
Couverture temporelle
Format
14x21 cm; 168 pages
Source
Ferito a morte de La Capria: un “galateo” napolitain des mauvaises manières (journals.openedition.org, consulté le 3 octobre 2024)
[Extrait]
Que Naples soit vue comme un « grand village », « un monde » ou une « Forêt Vierge », dans Ferito a morte de Raffaele La Capria, la ville apparaît dans sa composante bourgeoise comme une tribu à part, régie par des règles précises qui la placent hors de l’Histoire et érigent en valeurs les mauvaises manières. Il s’agira de décrypter ce « galateo » inversé que décrit l’auteur afin de montrer que la bourgeoisie napolitaine des années 1940-1960, héritière de siècles de malgoverno et de mauvaise éducation, s’est enlisée dans ses codes qui révèlent un vide existentiel enveloppé dans le Jeu et caché derrière les apparences.